Oggi dopo 8 giorni di forzata convalescenza, causata dalla rovinosa caduta della settimana scorsa, ho ripreso la bicicletta ed assieme al mio Amico Paolo ho fatto un giro sui Berici partendo, come spesso ci accade, senza nessun percorso dichiarato.
Arrivati a Torri di Arcugnano proseguiamo in direzione di Fimon per fare la salita del Raposso.
A metà strada la mia attenzione viene catturata da una stradina che sale ripidamente sulla destra con un cartello che ne indica il nome: Via Vegre.
Non era la prima volta per la verità che la vedevo ma ho sempre fatto finta di niente proseguendo, visto come si presenta.
Pensavo di conoscere tutte le salite dei Colli Berici ed invece questa mi manca per cui stavolta, senza esitazione, ci siamo avventurati su questa stradina che un cartello di pericolo indicava con una pendenza del 10%.
Già ad occhio nudo si capiva che la prima rampa superava abbondantemente questa percentuale e che il cartello poteva essere uno specchietto per allodole, ma la sorpresa arriva subito dopo la curva dove la rampa si trasforma, come per magia, in un vero e proprio muro.
Il fondo stradale è in cemento, abbastanza sconnesso e con una griglia di ferro che riaffiora di tanto in tanto per ricordarci che si tratta di cemento “armato”. Paolo fa subito notare che in caso di umidità su quel cemento e su quelle pendenze sarà difficile salire.
Tra una pedalata al limite dello stallo e un boccheggio a denti stretti per portare un po di ossigeno ai polmoni sono riuscito a mettere a fuoco i dati del mio computerino che, anche lui probabilmente in affanno, rilevava una pendenza del 24%.
24%??? diranno in coro i miei lettori
Ok, va bene, solo per un breve tratto ma sempre di un 24% si tratta (in caso di contestazioni prendetevela con la Garmin).
Quello che più preoccupava era che non conoscevamo minimamente quella salita (mai sentita nominare, nemmeno dai più esperti compagni ciclisti, frequentatori della zona) e non sapevamo cosa ci aspettasse al tornante successivo per cui non c’era modo di dosare le forze in modo razionale.
C’era come la sensazione che in quel preciso punto della Terra una misteriosa energia aumentasse a dismisura la forza di gravità, attirandoci verso il nucleo incandescente, e che salire ancora, solo di qualche metro, fosse un’impresa impossibile.
Poi finalmente il muro diventa più docile e si fa superare, sbucando sulla molto più famosa Dorsale Berica, dandoci modo di rifiatare e di recuperare un minimo di lucidità. All’incrocio con la dorsale incrociamo un ciclista che ci vede sbucare da quella stradina e, probabilmente conoscendola, sgrana gli occhi quasi a complimentarsi (ma questa è forse solo una mia aspettativa).
Ora ci sarà un coro di fenomeni che dirà che la conoscevano, che l’avevano già fatta, che conoscevano uno che saliva col 53 o che la faceva a “roda alta” o che in fondo si tratta solo km 1,230 con una pendenza media del 10% come riportato da Strava.
Per me è stata comunque una bella, nuova, dura salita che rifarò appena il tempo avrà cancellato dalla mia memoria la fatica che mi è costata evidenziando così solo la soddisfazione di averla superata.
Comunque per la cronaca il nostro giro è poi proseguito sulla Dorsale fino a Perarolo, scesi a Brendola, salita Toni Cucco (Antonio Nascondino in italiano) salita a Pozzolo, salita Villette, Barbarano, Sereo, Rovolon per un totale di 110 km e oltre 1000 metri di dislivello.
Flavio Salmistraro e Paolo Maragotto #CiclistiEuganeiBericiDOCG
P.S. Se volete far parte del “Coro di Fenomeni” leggerò con vero piacere i commenti che vorrete lasciare nell’apposito spazio in fondo a questa pagina.
Dopo un fermo di solo pochi giorni, dalle tue parole si iniziava a percepire la mancanza di lucidità , per fortuna sei tornato a pedalare
I figli… so’ pezzi ‘e core.