L’inferno del Grappa

Un salto all’indietro nel tempo

Diario di Guerra: Semonzo 21 maggio 1918

Oggi, 21 maggio 1918, dal quartier generale di Bassano arriva la conferma che i vitali rifornimenti per le truppe trincerate a difesa del confine italiano sulla cima del Grappa possano utilizzare la nuova strada appena scavata dagli uomini del Gen. Gaetano Giardino sul lato della montagna meno esposta al tiro avversario. L’ex tortuosa mulattiera che parte da Semonzo, frazione di Borso del Grappa e passa da Campo Croce, costituisce ora un accesso a Cima Grappa più diretto ma più ripido rispetto alla strada Cadorna.

Dopo la clamorosa disfatta di Caporetto che ha provocato la morte di migliaia di soldati italiani il Gen. Cadorna è stato destituito e il comando delle truppe è passato al Generale Diaz. Il fronte durante l’inverno si è spostato dall’Isonzo al Piave e la linea di confine si è trasferita nelle trincee scavate nel fango e nella neve sul massiccio del Monte Grappa.

La IV armata delle Dolomiti, che qualcuno comincia a chiamare l’armata del Grappa, viene incaricata a difendere il settore del Grappa. Dopo la ritirata dal Cadore, le forze austro-tedesche entrano a Belluno, a nord, e a Feltre, a sud, trovando il monte Grappa come sbarramento naturale.  

Tra il 24 ottobre e il 9 novembre 1917 l’esercito italiano ha perso 350mila uomini tra morti, feriti e prigionieri, 3000 pezzi d’artiglieria, 1800 bombarde, 3000 mitragliatrici, 300mila fucili, 1600 autocarri, 22 aeroporti con 220 velivoli persi su 420. L’esercito italiano si è ridotto a 700mila unità con poco più di 3000 pezzi d’artiglieria.

Durante il freddo inverno del 1917 a oltre 1600 metri di altitudine e con immense difficoltà vengono rafforzate le misere infrastrutture esistenti e scavate nuove trincee sul massiccio del monte Grappa, considerato ormai l’ultimo baluardo prima di uno sfondamento del nemico nella pianura veneta.

Alle prime ore del mattino, al campo base di Semonzo, migliaia di uomini lavorano a smontare bombarde e cannoni dalle ruote per caricarli a dorso dei muli. Altri caricano su carri, che saranno trainati a fatica sulle pendici della montagna, ogni genere di armi e munizioni, mitragliatrici, moschetti, granate. Dagli sguardi assenti degli animali traspare tutta la loro incredulità per tanta inutile stupidità umana.

Ordini scanditi dagli ufficiali in un italiano stentato.
Fanti, alpini, tanti alpini, giovani italiani, anche i ragazzi del ’99, soldati stanchi, dai visi scavati dalla fatica e dalla paura, tanti accenti diversi, dialetti quasi incomprensibili tra di loro.

Oggi il sole splende in cielo ma la pioggia caduta abbondante nei giorni scorsi rende tutte le operazioni più difficili e faticose ed il fango in alcuni casi rende irriconoscibili i volti dei compagni e i gradi dei superiori.

Nonostante le bella giornata di sole dei tuoni rimbombano cupi dalla montagna, sono le bombe che squarciano il silenzio luoghi alpini. I giovani soldati convivono ormai da mesi con questi rumori di guerra e continuano sempre più preoccupati nelle mansioni loro assegnate.

Una lunga interminabile colonna di uomini stremati e rifornimenti bellici risale lentamente i fianchi della grande montagna e negli sguardi dei giovani si legge la preoccupazione che quella lunga e lenta ascesa non preveda un ritorno. Il pensiero si sgancia da quel ripido e sassoso percorso e vola a casa alle carezze della morosa lasciata al paese, dalla moglie e dagli abbracci festosi dei figli o tra le forti braccia della mamma in lacrime che ti aspetta ormai da mesi. Ogni tanto si incontra un drappello di uomini che scende dal fronte accompagnando feriti medicati frettolosamente e tanti corpi dilaniati di soldati caduti.

Per nascondere la paura e la nostalgia qualcuno intona sottovoce un canto imparato nella fredda camerata della caserma riscaldata solo a un sorso di Cordiale. Alla prima timida voce se ne aggiunge un’altra e poi un’altra ancora fino a diventare un coro che riecheggia sulla montagna, un coro che sa di vita, di vittoria, un coro che sa d’Italia da creare e da difendere.

Qualcuno la chiama “La Grande Guerra” solo perché sono coinvolte molte nazioni del mondo ma qui tra i sassi e i prati del Grappa la guerra si fa conquistando la trincea nemica a 100 metri davanti a loro, e uccideranno o moriranno per quei 100 metri riuscendo a leggere negli occhi dei nemici, che piangono e urlano, le loro stesse paure.

Clicca per riascoltare qui il canto dei soltati sul Monte Grappa

Un salto in avanti nel tempo ai giorni nostri

Semonzo, Sabato 21 maggio 2022: oggi

Sono le ore 08:30 e dal quartier Generale di Bassano viene dato il via libera. La lunga colonna si mette in movimento tra sorrisi e incitamenti, lo spirito è quello gioioso di un giorno di festa. A Semonzo il Campo Base è già brulicante di tanti uomini e donne. I muli sono stati sostituiti da migliaia di costosissime biciclette. Le pesanti divise grigioverdi dei soldati si sono trasformate in colorate tutine attillatissime, ognuna con stampato il nome del proprio “reggimento”. Al posto dell’ingombrante elmetto ora c’è un più leggero e colorato casco che non riparerà da pallottole o schegge vaganti ma neppure dalla pioggia se ci fosse. Tutti hanno nelle tasche posteriori della maglia ogni sorta di genere di sostentamento per sostituire il vecchio “Cordiale” oltre alla immancabile mantelline e ai manicotti, come se si dovesse stare in trincea per tutto un inverno. Fortunatamente non si vedono armi in giro ma sono sicuro che qualcuno di questi “fanatici” farà uso di qualche “bomba” durante il percorso. A questo proposito ho notato il nostro Valter che sniffava ogni sorta di boccettina e la proponeva anche agli altri (indagheremo sul contenuto delle strane boccettine e prenderemo eventuali provvedimenti).

Comincia la salita ed il lungo serpentone di ciclisti si incolonna verso Cima Grappa. Le facce gioiose di poco fa si fanno più cupe. Ognuno rimane solo nei suoi pensieri, a nudo con se stesso senza possibilità di bleffare, la montagna e la bicicletta non te lo permettono. La tua preparazione, il tuo spirito di sacrificio, la tua capacità di soffrire e di accettare la fatica saranno le tue compagne per le prossime due ore.

La strada del Gen. Giardino ora è ben asfaltata e sicura ma a bordo strada, lungo tutto il percorso, ti accompagneranno i sassi che sono stati testimoni di tante sofferenze, paure e speranze, quegli stessi sassi che hanno accompagnato anche i giovani soldati su questa stessa strada 104 anni fa.

Saliamo in silenzio, rispettiamo questi luoghi sacri che sono così impregnati di storia, di gloria e di morte, luoghi dove si è fatta l’Italia così come la conosciamo noi, con tutti i suoi difetti ma anche con tutti i suoi grandi pregi ed è stato il sacrificio di quei giovani soldati che ci ha permesso di essere quello che siamo ora: un grande popolo unito.

Da un punto sportivo invece la nostra giornata, che prevedeva oltre 200 chilometri di bicicletta con una salita impegnativa sulla Strada Gen. Giardino da Semonzo a Cima Grappa, è cominciata prestissimo con la partenza da Abano alle ore 06:30 in 20 ciclisti a cui se ne sono aggiunti altri 4 da Cusinati.

Appena entrati a Bassano ci siamo immersi nel fiume di biciclette (di tutti i tipi) che si avviavano verso Semonzo. Da li si sale, ognuno del proprio passo, con migliaia di altri ciclisti, ognuno a controllare i propri battiti, il proprio respiro cercando di centellinare le forze per arrivare “lucidi” alla vetta. Dopo oltre due ore di sofferenza siamo arrivati a Cima Grappa orgogliosi e soddisfatti della nostra prestazione e felici per aver condiviso tutte queste emozioni con tanti amici.

Dopo le immancabili foto ripartiamo in direzione Caupo e un problema meccanico ci blocca per qualche minuto. Probabilmente una botta ha piegato la ruota posteriore di una bicicletta mentre era appoggiata a una staccionata a Cima Grappa. La pronta assistenza dei più tecnici tra noi permette al malcapitato uomo di colore (Maron) di riprendere la corsa.

A Caupo come previsto ci fermiamo per una birretta, un panino e un caffè prima di ripartire in direzione Valsugana attraversando Arsiè e Primolano.

Scesi a valle imbocchiamo la bella ciclabile del Brenta che ci porterà a Bassano del Grappa. Il caldo e la stanchezza cominciamo a farsi sentire e per un tratto viaggiamo in due gruppetti distinti e a velocità differenti. Ricompattato il gruppo a Bassano affrontiamo con la necessaria tranquillità i circa 60 chilometri che ci dividono ancora da Abano Terme.

Devo chiudere questo lunghissimo post ringraziando chi ha avuto il coraggio di leggerlo fino a questo punto (spero di non avervi annoiato troppo) ma soprattutto devo ringraziare e complimentarmi con tutti i miei compagni di viaggio dal primo all’ultimo BRAVISSIMI TUTTI .

Questa volta, e non l’ho mai fatto finora, vorrei fare un grande applauso soprattutto alle nostre tre cicliste che con tanto impegno e determinazione ci seguono, ma in molti casi ci superano, nelle nostre escursioni, anche le più impegnative. Per cui BRAVISSIME, senza fare nomi e cognomi, a Monica Squarcina, Simonetta Bernardi e Monica Buson.

E per LE TERME Hip, Hip Hurrà

Anche tutte queste foto sono disponibili nel nostro archivio di maggio a questo link.

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