La vera storia dell’ammutinamento del Bounty

Storia di mare e di marinai

25 aprile 1789

Il molo dell’ AbanoRitz era già animato da loschi individui fin dalle prime ora dell’alba. Dopo interminabili giorni di burrasca i venti alisei spiravano costantemente nella giusta direzione e con l’avvento della buona stagione, il Bounty ormeggiato al molo, si preparava a levare l’ancora.

Il Bounty, una nave mercantile dotata di quattro cannoni ed armata dalla famosa Euganea Compagnia Delle Terme, giaceva maestosa e immobile nel porto, in attesa che l’Ufficiale Comandante Flavius Bligh, già in posizione sul castello di poppa, desse l’ordine di salpare.

La missione prevedeva di navigare oltre il Capo d’Orgiano per raggiungere le remote isole di Alonte e Monticello, al fine di instaurare rapporti commerciali con le popolazioni indigene. Successivamente, la nave avrebbe fatto ritorno con la stiva colma d’oro e preziosi tesori, navigando con cautela lungo i pericolosi fondali sabbiosi dell’arcipelago di Meledo, per poi dirigersi verso la Baia di Grancona, punto di partenza di una rotta più nota e frequentata. Da qui, il percorso si sarebbe sviluppato verso nord fino alla Colonia Vicentina di Brendola, poi verso est fino all’isola di Perarolo, per scendere infine lungo la rotta militare che li avrebbe condotti nel Mar di Montegalda (famoso per la pesca del baccalà) e al sicuro nel Porto dell’ AbanoRitz.

L’ordine di salpare arrivò con la precisione del Big Ben di Londra alle 08:32 con una serie di codici fischiati dal Nostromo Maron. L’imponente nave prese a muoversi. Guidata inizialmente con moderazione sotto la direzione del secondo ufficiale, Sir Pasquy Fletcher, e del sottotenente Josef (detto Beppy) Heywood, ben presto raccolse il favore del vento di poppa che gonfiava imponenti vele spiegate lungo i tre maestosi alberi. Ufficiali e marinai, ciascuno intento al proprio dovere, lavoravano alacremente mentre, con il capitano al timone, la nave fendeva ora rapidamente le acque dirigendosi verso la destinazione di Capo Bastià.

L’equipaggio, reclutato nei peggiori bar di Caracas, è tutto indaffarato ai posti assegnati. Il libro di bordo conta 5 Ufficiali, 6 Guardiamarina, 5 Sottufficiali e 10 Marinai, tra i quali, in spregio a ogni convenzione marittima, figurano due donne di nome Monica (che chiameremo per comodità Monica.B e Monica.S). Per le loro notevoli abilità nautiche, forza e determinazione, non avevano nulla da invidiare ai colleghi marinai più esperti. Tale era il loro valore che tutti gli uomini a bordo nutrivano grande rispetto per le due donne, sfatando i pregiudizi sul comportamento dei marinai quando sono lontani dalle famiglie.

La navigazione procede senza intoppi fino a Lovolo, dove le onde si innalzano, ostacolando l’avanzamento della nave e causando qualche lamentela tra i membri dell’equipaggio. Superata la zona di correnti avverse nei pressi di Albettone, il Capitano Bligh viene informato dal Nostromo Maron che una scialuppa è stata calata in mare e che cinque marinai risultano mancanti. Con una decisione magnanima, il Capitano sceglie di non inseguire e punire i disertori, sperando che la fortuna li assista e che evitino di incrociare le rotte di navi pirata che infestano quelle insidiose acque ma che vadano, come si dice tra marinai, in collo alla balena.

La navigazione procede ora con ritmo sostenuto verso il temuto Capo di Orgiano, luogo noto per l’incontro delle due correnti che generano imponenti muri d’acqua, una sfida ardua per qualsiasi navigatore. Tuttavia, grazie al coraggio e alla competenza del Capitano Flavius Bligh e all’eccezionale bravura del suo equipaggio, la Bounty emerge indenne e si avvicina all’Isola di Alonte e al Monticello e ai sui promessi tesori.

Il Bounty getta l’ancora nel porto di Alonte, immersa in un’atmosfera surreale. Un silenzio innaturale avvolge l’imponente imbarcazione e il suo equipaggio. Il porto è deserto e il mercato, dove si sperava di barattare cianfrusaglie con pietre preziose e oro, è chiuso. Solo più tardi, conversando con un’indigena poco vestita, veniamo a sapere che oggi 25 aprile si celebra in queste isole la liberazione dalle orde nazifasciste dei corsari teutonici, e che la popolazione è raccolta per riascoltare il monologo censurato del celebre scrittore Scurati.

Delusi per l’esito infruttuoso della loro impresa, i marinai del Bounty tornano in mare aperto, dove il malcontento per l’assenza di profitti e la lunghezza del viaggio inizia a serpeggiare tra di loro. Mentre si trovano immobili in una bonaccia nei pressi del noto Buso della Giaretta, in attesa di venti favorevoli, l’inattività e la stanchezza rendono la ciurma irrequieta e difficilmente gestibile. Sir Pasquy Fletcher, il secondo ufficiale, dopo aver cambiato l’acqua al canarino e aver consultato il suo inseparabile pappagallo nascosto nei pantaloni, suggerisce di rinunciare alla missione e di fare ritorno rapidamente a un porto sicuro.

Si susseguono attimi di tensione palpabile, con la ciurma divisa tra il nervosismo e la presa di posizione. Alcuni marinai si lasciano persuadere da Sir Fletcher, mentre altri, leali al Comandante Bligh, sono determinati a proseguire la missione. Gli sguardi si intrecciano in una sfida silenziosa, e tra i più esagitati c’è chi afferra l’elsa della spada o il pugnale, pronto a difendere la propria decisione. Il tempo sembra dilatarsi. Il Capitano Bligh pone termine a quel momento teso con una frase destinata a entrare nella storia: “Not a word, Sir Fletcher, or you’re dead” (“non una parola, Sir Fletcher, o siete morto”). Vengono calate in mare le scialuppe, fornite di acqua e provviste, e Sir Pasquy Fletcher con metà dell’equipaggio lascia il Bounty, senza colpo ferire.

Il Bounty, con la metà del suo equipaggio a bordo, tra cui Monica.B, ma senza Monica.S, che non si è vista da tempo e che forse è tornata a riva a nuoto, ha ripreso il suo viaggio. La missione si è conclusa con grande successo caricando un ingente tesoro di oro e preziosi nella Colonia Vicentina di Brendola, un bottino tale da garantire ricchezza e fama perenne a tutti i marinai che vi hanno partecipato.

Navigando nelle acque vicino a Colzé, il nostro vascello è stato improvvisamente attaccato dai noti V.I.P. (Veloci e Irrequieti Pirati), attratti senza dubbio dalle voci del tesoro custodito nel Bounty. Con una manovra astuta, il loro veliero ci ha colti di sorpresa attaccandoci da una posizione vantaggiosa, ma nonostante il numero limitato di marinai sul Bounty, siamo riusciti a resistere valorosamente fino a raggiungere Montegalda. Qui, abbiamo ulteriormente appesantito la nave con un nuovo carico di pregiato baccalà.

Alle 13:02 del 25 aprile 1789, il veliero Bounty nonostante l’ammutinamento ha fatto il suo trionfale rientro nel porto di AbanoRitz, con tutto il suo inestimabile carico. Una volta sbarcati, ci siamo prontamente informati sulla sorte degli ammutinati, scoprendo che erano riusciti a tornare alle loro famiglie sani e salvi, sebbene con il rimorso per le scelte fatte e la perdita della loro parte di bottino.

Dopo aver affrontato tante peripezie e mille avventure nei mari del sud, l’arrivo sulla terraferma è sempre un momento di festa per ufficiali e equipaggio che immancabilmente finisce in una delle solite taverne tra boccali di birra e bicchieri di rum.

Un urlo continua a riecheggiato nella baia di Abano:

Per il Bounty,
l’Euganea Compagnia delle Terme
e il Capitano Flavius Bligh
Hip Hip Hurrà

P.S. Ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale e nasce dalla fervida immaginazione dell’autore.

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3 thoughts on “La vera storia dell’ammutinamento del Bounty

  1. certo che con queste narrazioni si continua a perpetrare l’idea che i ciclisti usino sofisticate sostanze dopanti non solo in corsa ma, soprattutto, nel dopocorsa.

  2. Grande Flavio, con questo racconto hai raggiunto livelli da premio Pulitzer. Bravissimo!!
    Troppo bello e le immagini che hai aggiunto rendono il racconto fantastico!!

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